Artrite gottosa

ARTRITE GOTTOSA (ANCHE DETTA "GOTTA")

Di cosa si tratta

L'artrite gottosa, comunemente chiamata " gotta" è sicuramente una delle forme più conosciute di artropatia da microcristalli. Questo tipo di patologia insorge a seguito della deposizione di microcristalli nei pressi delle strutture articolari, dei tendini e nelle zone circostanti.

Nella gotta, in particolare, la sostanza che tende ad accumularsi a livello articolare è  l'acido urico (urato monopodico), che aumenta la sua concentrazione sanguigna fino a superare molto la soglia di "normalità" (che si attesta fino a 6,4 mg/dl o 380 micromol/L).

Nei Paesi industrializzati la percentuale dei maschi adulti colpiti è intorno al venti percento, con un andamento crescente all'aumentare dell'età anagrafica; le donne sono colpite molto più di rado dalla gotta, anche se, dopo la menopausa, le possibilità di contrarre la malattia sono maggiori, a causa della brusca diminuzione di estrogeni, i quali, a loro volta, tendono a " riassorbire" gli eccessi di acido urico. Quest'ultima sostanza è un composto chimico frutto della degradazione delle  purine, degli aggregati a base di azoto che sono assimilati, in larga misura, a seguito dell'assunzione di cibi come  carni rosse e qualche tipo di pesce (crostacei, molluschi.)

Cause

Fino a pochi decenni fa, la gotta era conosciuta anche come " artrite dei ricchi", perché comunemente si riteneva, a torto, che le uniche o, almeno, le principali cause della gotta fossero gli abusi alimentari, in particolare il consumo in eccesso di carni, che i meno abbienti non potevano permettersi a livello economico.

In realtà, nonostante ancora meriti un approfondimento, l’eziologia dell'artrite gottosa, pare ormai certo che l'alimentazione giochi un ruolo secondario rispetto al fattore  genetico-ereditario. La gotta, infatti, in molti casi, si sviluppa non tanto per un'introduzione in esubero di  purine, bensì prevalentemente per un difetto funzionale  dell'apparato urinario, che non riesce a smaltire l'acido urico, oppure per un’ iperproduzione endogena, collegata a un  difetto metabolico. Non è per niente detto, infatti, che un soggetto con elevati livelli sanguigni di acido urico manifesti la malattia de quo.

Ciò nonostante, è pur vero che una  dieta sbagliata, troppo ricca di frattaglie e interiora animali o di certi pesci (tra cui sgombro, aringhe e trota), o perfino di determinati tipi di vegetali (si pensi a legumi come fagioli, lenticchie e piselli, oppure verdure come asparagi, cavolfiori e spinaci) ovvero, più in generale, ipercalorica e ricca di trigliceridi può facilitare episodi di gotta, così come il  cronicizzarsi della malattia stessa.

Quando il motivo principale della gotta è l'alimentazione, l'abuso di alcolici o di farmaci (come alcune species di  antidiuretici o l'acido acetilsalicilico, che aumentano la ritenzione di acido urico) o uno stile di vita scorretto (in particolare troppo sedentario), solitamente si parla di gotta " secondaria", per distinguerla da quella che ha origini prevalentemente di tipo genetico.

Principali sintomi

Prima di descrivere il quadro sintomatologico tipico di un attacco gottoso, è bene precisare che la  gotta, in una  prima fase, resta molto spesso  silente, con sintomi che spesso non vengono affatto percepiti; solo in un secondo momento  l'uricemia può cagionare vera e propria gotta: quando si ha saturazione delle articolazioni da parte dell'acido urico, si sviluppa la fase acuta, che dura da alcuni giorni a poche settimane.

Successivamente la gotta, soprattutto se trascurata, degenera non di rado in forme croniche, con formazione di  tofi (accumuli di cristalli di urato a livello dei tendini),  borse sub cutanee sierose e danni spesso  irreversibili alle articolazioni, alle ossa e all'apparato urinario, con formazione anche di  calcoli renali.

Tornando ai sintomi principali di un attacco gottoso (fase acuta), essi sono difficoltà nei movimenti delle  articolazioni colpite ( ginocchia, polsi, caviglie etc…), con intenso indolenzimento, "formicolio" e dolori anche lancinanti. Nei pressi dell'articolazione si formano anche dei  versamenti di  liquido sinoviale, con tumefazioni, gonfiori e arrossamenti localizzati.

 La zona che è interessata per prima è, nella maggior parte dei casi, l'alluce, con  dolori che, di notte, arrivano a rendere  insopportabile perfino il peso del lenzuolo. E' frequente che ai dolori articolari si accompagnino, in genere solo per alcuni giorni, un rialzo febbrile e un aumento della  VES, segno tipico di un'infezione in corso.

Terapia

La  terapia da seguire per combattere la gotta  è strettamente  correlata alla  causa e allo stadio di manifestazione della malattia stessa. Per quanto riguarda le varie fasi di decorso della patologia de quo, per alleviare i sintomi di una fase acuta, in genere si somministrano  colchicina e farmaci  anti-infiammatori non steroidei, come i c.d. FANS o gli inibitori della  Cox-2 (questi ultimi sono di solito meglio tollerati da pazienti deboli e anziani, rispetto agli aggressivi FANS). In certi casi, poi, sono prescritte anche  infiltrazioni a base di cortisonici.

Per evitare che la malattia degeneri in gotta cronica o per trattare tale affezione, qualora ormai sia già insorta, è bene assumere preparati che riducono la produzione o che aumentano l'escrezione di acido urico, nonché adottare terapie prevalentemente non farmacologiche, come un consistente aumento nell'apporto di acqua (in proposito, è bene consultare un medico per la scelta dell'acqua e/o delle altre bevande), una drastica  riduzione di cibi ricchi di purine, di  alcolici e di  diuretici, nonché un equilibrato incremento dell'attività motoria giornaliera.

Vanno tenuti sotto controllo, poi, il peso corporeo, il livello di  trigliceridi nel sangue e il diabete, che costituiscono un fattore di rischio della gotta. Il medico, infine, dovrà attentamente calibrare i farmaci tenendo nella debita considerazione le cause della gotta e le condizioni generali di salute e l'età del paziente.  L'allopurinolo, ad esempio, non andrebbe assunto nelle fasi acute, bensì solo nei casi in cui, passati i sintomi dolorosi, s’intenda inibire la produzione di acido urico in soggetti che presentano  disfunzioni metaboliche o che siano predisposti alla  formazione di calcoli urinari

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